lunedì 7 giugno 2010

La rosa di Borges

JORGE LUIS BORGES

LA ROSA

La rosa,
la rosa immarcescibile che non canto,
quella che è peso e fragranza
quella dell'oscuro giardino della notte fonda,
quella di qualunque giardino e qualunque sera,
quella che risorge dalla tenue
cenere per l'arte dell'alchimia,
la rosa dei persiani e di Ariosto
quella che è sempre sola,
quella che è la rosa delle rose,
il giovane fiore platonico,
l'ardente e cieca rosa che non canto,
la rosa irraggiungibile.

(da “La rosa profonda, 1975”)

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La rosa evocata da Jorge Luis Borges è quella che i poeti inseguono: quella rosa è l’immagine del mondo, che alla fine risulta essere immortale e irraggiungibile: Borges fa sue le parole di Rumi, fondatore dei “dervisci rotanti” e massimo mistico della letteratura persiana: “Ogni rosa, pregna di interno profumo, narra i segreti del tutto”. Questa è la rosa di Borges, ne percepisce la sua essenza metafisica, senza però riuscire a dire né a vedere: è l’inafferrabile per eccellenza. E infatti Borges, sempre nella “Rosa profonda”, conclude: “Suppongo che le parole essenziali / che mi esprimono stanno in quelle pagine / che mi ignorano, non in ciò che ho scritto”.

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Fotografia © Daniele Riva

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LA FRASE DEL GIORNO
Nessuno è mai riuscito a dire / cos'è, nella sua essenza, la rosa.
GIORGIO CAPRONI, Res amissa




Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986), scrittore, poeta, saggista, traduttore e accademico argentino. Creatore di un genere oggi designato “borgesiano”, a definire una concezione della vita come storia, come finzione, come opera contraffatta spacciata per veritiera, come fantasia o come reinvenzione della realtà.


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