martedì 6 dicembre 2011

Seminati dal sole


FRANCO LOI

ME PIASARÍSS DE MÍ DESMENTEGÂSS

Me piasaríss de mí desmentegâss,
e camenà, e respirà per tí,
vèss cume i fjö che quand je branca el sû
se làssen sumenà due el vör lü,
e mai truâss, e pü capí de mí,
ma vèss giuius de l’aria che me tira
due che la vita la se pensa vîv.

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Mi piacerebbe di me dimenticarmi,
e camminare, e respirare per te,
essere come i ragazzi che quando li prende il sole
si lasciano seminare dove lui vuole,
e mai ritrovarsi, e non più capire di me stesso,
ma essere gioioso dell’aria che mi attira
là dove la vita si pensa vivere.

(da Lünn, Edizioni Il Ponte, Firenze 1982)

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Lasciarsi seminare come i ragazzi portati dal sole, farsi portare dall’esuberanza della gioventù: Franco Loi, oggi il massimo poeta in lingua meneghina, desidererebbe perdersi in una naturalezza che non ha, che non potrà avere, ma proprio nel limbo di questo desiderio impossibile si trova a vivere, a condurre i suoi passi di osservatore della vita, attento a meditare il fine dell’esistenza. E lo fa con quel dialetto milanese un po’ ibrido di chi è arrivato in una nuova città – a sette anni, in Via Cardano, dalle parti della Stazione Centrale: «È un idioma nato dalla mescolanza della lingua locale con quella dei “nuovi venuti”. È la lingua che mi sono trovato dentro». Lingua che è diventata subito poesia: «Quando usai per la prima volta il dialetto milanese, capii esattamente cosa significa fare poesia. O meglio: scoprendo una lingua, ho scoperto la Poesia».

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VICTOR GABRIEL GILBERT, “BOYS PLAYING”

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita è proprio strana. Ti mette in mano carte che puoi leggere solo dopo averle giocate o solo dopo che altri le giocano per te.
CHRISTIAAN BARNARD, Una vita




Franco Loi (Genova, 21 gennaio 1930) poeta, scrittore e saggista italiano. Autore in dialetto milanese, i temi ricorrenti nelle sue poesie di sono la guerra, la scoperta della presenza del male nella storia, la sensazione di un tradimento perpetrato e di ferite non rimarginabili, l'energia dell'invettiva, il rimpianto di un paradiso perduto, ma anche la costanza dell'invocazione della preghiera.


2 commenti:

Vania ha detto...

....qui...ti faccio una confidenza...non parlo tanto in dialetto a mia figlia...e ultimamente lei lo parla per farmi le battute ...mi fa morir dal ridere perchè storpia /inventa le parole.

..alcune frasi/concetti perdono non c'è dubbio se non sono nel "vero" dialetto.

...per quanto riguarda la poesia...ogniuno ha la possibilità di ritrovarsi un proprio "spazio"...abbiamo "visto" il suo.
ciaooo Vania

DR ha detto...

le cose dette in dialetto hanno un altro valore, un'altra dimensione. Forse hanno solo più calore, il limite è la diffusione