martedì 17 dicembre 2013

A cena da Catullo

 

CATULLO

CARME 13

Se dio vorrà, uno di questi giorni,
mio Fabullo, da me cenerai bene:
ma con te porta una cena abbondante
e squisita, una ragazza in fiore,
vino, sale e tutta la tua allegria.
Solo così, ripeto, amico mio,
cenerai bene, perché il tuo Catullo
ha la borsa piena di ragnatele.
In cambio avrai un affetto sincero
e tutto ciò che è bello e raffinato:
ti darò un profumo che la mia donna
ha avuto in dono da Venere e Amore.
Quando l'odorerai, prega gli dei,
Fabullo mio, di farti tutto naso.

(da Carmi – Traduzione di Mario Ramous)

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Nugae, ovvero sciocchezze, definì Catullo i suoi versi nel proemio ai Carmi: questo, siglato con il numero 13, ne è un esempio calzante. Ironico, sornione ma di una signorilità raffinata: l’amico Fabullo viene invitato a cena ma, data la povertà del poeta, sarà lui a dover portare cibo e bevande, perfino la compagnia di una graziosa fanciulla. Scroccone Catullo, certo, però elegantissimo.

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Romans

FOTOGRAFIA © BBC

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LA FRASE DEL GIORNO
Se non otterrò nulla dalla casa del ricco, mi daranno qualcosa alla casa del povero. Coloro che molto possiedono spesso sono avidi; quelli che hanno poco sono sempre pronti a spartirlo.
OSCAR WILDE




Gaio Valerio Catullo (Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.), poeta romano. È noto per l'intensità delle passioni amorose espresse, per la prima volta nella letteratura latina, nel suo Catulli Veronensis Liber, in cui l'amore ha una parte preponderante, sia nei componimenti più leggeri che negli epilli ispirati alla poesia di Callimaco e degli Alessandrini in generale.

3 commenti:

attimiespazi ha detto...

la sincerità di un'amicizia val bene una cena!

-Liolucy

DR ha detto...

lo dico sempre anch'io, anche se quando invito la cena la offro io
:-)

Federica ha detto...

Ah ah, simpatico!
Federica