lunedì 31 ottobre 2016

Cupo fiume errante

 

GIOVANNI PASCOLI

TRE VERSI DELL'ASCREO

«Non di perenni fiumi passar l’onda,
che tu non preghi volto alla corrente
pura, e le mani tuffi nella monda
                            acqua lucente»

dice il poeta. E così guarda, o saggio,
tu nel dolore, cupo fiume errante:
passa, e le mani reca dal passaggio
                           sempre più sante...

(da Myricae, 1891)

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La poesia che apre “Pensieri”, la sezione più meditativa di Myricae, prende spunto da tre versi (737-739) dalle Opere e i giorni del poeta greco Esiodo, nato ad Ascra in Beozia sul finire dell’VIII secolo avanti Cristo: “Né traversare a guado mai l’acqua dei fiumi perenni, / se tu prima non preghi, rivolto a la bella corrente, / prima le mani non mondi nell’acque piacevoli e pure”, qui tradotti da Ettore Romagnoli: purificazione rituale che prefigura una purificazione dell’anima. Giovanni Pascoli ne ricava tre endecasillabi e un emistichio per commentarli sulla base di uno dei suoi temi principali: il dolore che purifica, permettendo così di santificare l’uomo.

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Adda

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
Sai quando le persone diventano forti? Quando imparano ad accettare il dolore.
ROMANO BATTAGLIA, Ho incontrato la vita in un filo d’erba




Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.

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