mercoledì 28 dicembre 2016

Neve ottenebrata

 

ROBERT FROST

LUOGHI DESERTI

Fitte cadere notte e neve, oh, fitte
In un campo ho guardato passando oltre
E il suolo quasi uniforme sotto la coltre
Più non mostra che fili d’erba e stoppie.

I boschi intorno sono padroni del campo.
Ogni animale soffoca nella tana.
Io non conto, perché la mia mente è lontana:
La solitudine in sé inavvertito mi chiude.

E, solitaria com’è, la solitudine
Ancor più solitaria, anzi che meno, sarà
- Un candore più vacuo di neve ottenebrata
Senza espressione, senza nulla da esprimere.

Non mi fanno paura coi loro spazi aperti
E vuoti fra le stelle dove non è stirpe umana,
Quando io posso da me così vicino a casa
Far paura a me stesso con i miei luoghi deserti.

(Desert places, da A further range, 1936 - Traduzione di Giovanni Giudici)

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Una fitta nevicata che rapidamente copre ogni cosa - fa il paio con un’altra celebre poesia di Robert Frost, Fermandosi accanto a un bosco in una sera di neve, simile a questa per argomento, anche se meno cupa. A emergere da questo monologo è la solitudine, un’alienazione che rammenta quella di Emily Dickinson, quando il poeta penetra il suo cuore di tenebra: “Io sono uno che ben conosce la notte / (...) / Sono andato a frugare nel vicolo più tetro”.

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wallup.net

FOTOGRAFIA © WALLUP

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LA FRASE DEL GIORNO
[I poeti] non stanno dietro a qualcosa deliberatamente, ma lasciano che quel che capita si attacchi a loro come le lappe quando si attraversano i campi.
ROBERT FROST, La figura che una poesia crea




Robert Lee Frost (San Francisco, 26 marzo 1874 – Boston, 29 gennaio 1963), poeta statunitense, vincitore di quattro Premi Pulitzer. Le sue poesie, attraverso la raffigurazione con una notevole padronanza del linguaggio colloquiale della vita rurale del New England all’inizio del ‘900, indagano temi sociali e filosofici. La strada non presa è la sua poesia più celebre.


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