domenica 23 agosto 2015

Com’è fiero l’amore

 

CARLO BETOCCHI

NON HO PIÙ CHE LO STENTO D’UNA VITA

Non ho più che lo stento d’una vita
che sta passando, e perduto il suo fiore
mette spine e non foglie, e a malapena
respira. Eppure, senza acredine.
C’è quell’amore nascosto, in me,
quanto più miserevole pudico,
quel sentore di terra, che resiste,
come nei campi spogli: una ricchezza
creata, non mia, inestinguibile.
Nemmeno più coltivabile, forse, ma vera
esistenza; così come pare sperduta
nel cosmo, con la sua gravità, le sue leggi,
il suo magnetismo morente, che lo Spirito
non dimentica, anzi numera.
Non guardatemi, che son vecchio,
ma nel mio mutismo pietroso ascoltate
come gorgheggia, com’è fiero l'amore.

(da Un passo, un altro passo, 1967)

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“La vecchiaia (è questo il nome che gli altri gli danno) / può essere per noi il tempo più felice. / È morto l’animale o quasi è morto. / Restano l’uomo e l’anima” scriveva Jorge Luis Borges in Elogio dell’ombra. È quello che dice con altre parole e dall’alto della sua fede religiosa il poeta Carlo Betocchi: in quella sua terra, quella sua anima indebolita dagli anni, fiorisce ancora l’amore: “Ciò che occorre è un uomo / non occorre la saggezza, / ciò che occorre è un uomo  / in spirito e verità; / non un paese, non le cose / ciò che occorre è un uomo / un passo sicuro e tanto salda / la mano che porge, che tutti  / possano afferrarla, e camminare / liberi e salvarsi”.

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Betocchi

FOTOGRAFIA © TOSCANA OGGI

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LA FRASE DEL GIORNO
E godo la terra / bruna, e l'indistruttibile / certezza delle sue cose /già nel mio cuore si serra.
CARLO BETOCCHI, Realtà vince il sogno




Carlo Betocchi (Torino, 23 gennaio 1899 – Bordighera, 25 maggio 1986, poeta e scrittore italiano. Fra i poeti ermetici è considerato una sorta di guida morale. Tuttavia, contrariamente a loro, fondava le sue poesie non su procedimenti analogici che evocano significati, ma su un linguaggio diretto, sul realismo e sulla tensione morale.


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